Anche su Facebook sono stata molto parsimoniosa e ho pubblicato pochi momenti del mio viaggio, pensando che é meglio non stancare.
E' vero cara Claudia, decidere dove voglio vivere i miei ultimi anni é molto difficile, ma sono convinta che il futuro, che é sempre imprevedibile, deciderá per me...
Marta, beata te che con uno spostamento piuttosto breve ti puoi godere la famiglia e il tuo carissimo Bauti. Buon 9 Luglio a La Plata e un bacetto a Bauti.
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Ieri, leggendo il Corriere della Sera ho trovato un articolo che parla di un fenomeno che si sta verificando sempre di piú e precisamente dell'estinzione dei blogs. Lo condivido con voi.
Ho copiato e incollato l'articolo (non per intero, ma solo le parti che sono piú pertinenti) e ho risaltato in colore quello che veramente penso anche io e di cui diverse volte giá ne abbiamo parlato.
Cosa succederá con il nostro blog? Resisterá?
Ai posteri l'ardua sentenza! :-)
Un saluto a tutte
Lucia
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Corriere della Sera
giovedì 6 luglio 2017
Il blog è morto, viva il blog
Il blog non è ancora morto, ma è meglio avvisare i parenti.
La scelta del Wall Street Journal di chiudere otto blog - il più vecchio risale al 2006 – non sorprende. Il New York Times, qualche tempo prima, aveva preso una decisione simile. Altre testate, in molti Paesi, hanno praticato silenziose forme di eutanasia digitale, negli ultimi mesi. Anche molti blog privati hanno chiuso: sempre meno letti, sempre meno scritti (molti titolari li aggiornano distrattamente). Estinti per consunzione.
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Facciamo un passo indietro. Cos’è un blog, per cominciare: un sito web in cui, come in un diario, i contenuti vengono visualizzati in forma anti-cronologica (dal più recente al meno recente).
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Cos’è successo, dal 2006 ad oggi? Quattro cose: la banda larga mobile e i social network, dalla metà degli anni Duemila; le app e le notifiche, negli ultimi anni. Il blog non ha retto l’urto: improvvisamente è sembrato un prodotto digitale figlio di un pensiero analogico. Il racconto è ormai più efficace su Facebook, le immagini più seducenti su Instagram, i commenti più rapidi su Twitter, i video si caricano su YouTube: tutti contenuti facilmente condivisibili.
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La scelta del Wall Street Journal di chiudere otto blog - il più vecchio risale al 2006 – non sorprende. Il New York Times, qualche tempo prima, aveva preso una decisione simile. Altre testate, in molti Paesi, hanno praticato silenziose forme di eutanasia digitale, negli ultimi mesi. Anche molti blog privati hanno chiuso: sempre meno letti, sempre meno scritti (molti titolari li aggiornano distrattamente). Estinti per consunzione.
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Facciamo un passo indietro. Cos’è un blog, per cominciare: un sito web in cui, come in un diario, i contenuti vengono visualizzati in forma anti-cronologica (dal più recente al meno recente).
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Cos’è successo, dal 2006 ad oggi? Quattro cose: la banda larga mobile e i social network, dalla metà degli anni Duemila; le app e le notifiche, negli ultimi anni. Il blog non ha retto l’urto: improvvisamente è sembrato un prodotto digitale figlio di un pensiero analogico. Il racconto è ormai più efficace su Facebook, le immagini più seducenti su Instagram, i commenti più rapidi su Twitter, i video si caricano su YouTube: tutti contenuti facilmente condivisibili.
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