Ricordo che la sera prima appendevamo i nostri calzettoni vicino al camino dopo aver spento il fuoco e gli ultimi carboni erano diventati cenere.
In quel focolare si cucinava il pranzo e la cena in pentole e pentolini di argilla che si accostavano direttamente vicino ai carboni, oppure una pentola metallica su un treppiede di ferro. La cottura era lunga, ma il risultato era buonissimo.
A volte sul treppiedi vi si appoggiavano delle fette di pane per farle abbrustolire. Poi si mettevano in un piatto dove le fette calde e croccanti venivano condite con olio d'oliva e sale. Erano spesso la nostra merenda. Una vera bontá nel ricordo della mia infanzia.
Intorno a quel camino si mettevano delle sedie e ci scaldavamo i piedi gelati sul predellino dove stavano i carboni o la legna a bruciare e nel freddo inverno ci riscaldavamo mentre la nonna o la mamma ci raccontavano le fiabe.
Ci raccontavano che la notte del 5 gennaio, mentre tutti dormivano la Befana volava sulla sua scopa e si fermava sui tetti delle case, scendeva dal camino nero di fuliggine e riempiva i calzettoni con tanti regali e dolcetti.
Quindi il mattino dopo con ansia i bambini ci alzavamo presto per vedere cosa aveva lasciato nei calzettoni. La gioia era grande quanto l'innocenza di ognuno.
Ricordo ancora la filastrocca che recitavamo:
La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
il cappello alla romana
viva, viva, la Befana!
Buona Befana!
Lucia
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