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venerdì 22 aprile 2011

IVANA E LUCIA

Ivana, ti ho visto anche da PF, stai benissimo, già puoi essere suocera, sarai bellissima ed elegantissima, con un bel marito come Lino ed un figlio anche lui bellissimo, farete un matrimonio da re. Complimenti...
 
Quanto alla storia nostra di imigrazione, hai ragione, non è stata la mia vivenza, a parte il fatto che ricordi bene, mio fratello non ha insegnato l'italiano ai figli, purtroppo, perchè ha sofferto per imparare il portoghese, lo parlava perfettamente poi, e sempre diceva che non voleva che i suo figli passasserò per le sue sofferenze, le derisioni dei compagni per l'accento e anche la terribile difficoltà di imparare il portoghese, e lui ha sofferto sì.I figli ora si lagnano, ma non sanno cosa vuol dire, e trovano un peccato. In effetti.Ma lui li voleva risparmiare. La madre poi è brasiliana quindi solo noi parlavamo italiano con loro almeno lo capiscono. Ma essendo italiani giustamente dicono che hanno vergogna di non parlarlo, pazienza.Ci sono andati varie volte e se la cavano, capendolo è più facile.
 
Quanto alla condizione sociale, abbiamo invece avuto anche noi i problema di tutti, devi sapere che varie volte, bè non tante, ma per lunghi periodi, papà si indisponeva con ragione con il padrone della fazenda per questioni professionali, e chiedeva le demissioni. Erano lunghi mesi di aspettativa di chiamate dalla Italconsult dove lavorava un periodo, contratti a scadenza e che, a São Paulo, con quattro figli, erano sempre a sorpresa, mi ricordo la spettativa dei telegramma che dovevano arrivare...e inquanto non succedeva...Poi era richiamato in fazenda, e ci andava perchè l'adorava, poi di nuovo. Poi alla fine si ingaggiò alla FAO e pure lì, i contratti erano a termine, due anni in Perù, due in Guatemala, con i celebri intervalli per l'arrivo dei telegramma,c he per fortuna arrivarono, ma prima non lo sai, e allora vivi in bilico.
Come vedi anche noi ne abbiamo passati di periodi incerti e duri.
Alla fine, papà in pensione, il padrone morì, e la figlia di nuovo chiamò papà, e quando lui ebbe l'AVC, ma lucidissimo, chiese di muorire lì. Ebbe una struttura ospedaliera in casa e passò gli ultimi otto anni della sua vita lì come voleva.E più , lavorando, scrivendo i suoi libri ecc.ecc.
E verissimo che mia madre amava organizzare gioco di bridge, tè con le amiche, ed era estremamente simpatica e sociale, oltre che papà stava nelsuo studio e nonsi importava con le amiche della mamma ed i preparativi per i té, famosi, anzi, salutava anche e poi se ne andava nel suo canto. Però è anche vero che la mamma era una donna capace di sacrifici indicibili, tanto nel vivere isolata in fazenda, sempre dietro a lui, ed anche in posti terribilmente inospiti come in Colombia, e forzosamente perchè papà faceva riforma agraria in paesi e zone sottosviluppate, e quindi in regioni calde, povere ecc.ecc. e lei era lì.
 
Bè mi fermo per ora, ma era giusto precisare che non si vive di cavalcate e gioco di cricket, certo per noi bambini era una festa, ma in fazenda. Ma uscire da Roma per vivere in una fazenda per più meravigliosa che era, e lo era, Certo, una vita agiata, ma non senza intralci.
 
Quanto alla parte personale, certo non l penso molto come Silvia, nonostante sia d'accordo cn lei in tante cose come dove piangi. Ma si piange.
 
In bacione, ho già scritto troppo.
Anna
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